Pieve di Corsignano
(XI-XII secolo. Origini altomedievali)
Un’antica pieve, un fonte battesimale, una radura appena sopra i campi coltivati. Qui, tutto spira ancora di sacro e di magico. In questo luogo, di cui si sente il carattere aurorale e originario, la devozione popolare ha fissato per sempre il centro della vita rurale antica, civile e religiosa, e non solo di quella. Infatti, proprio sopra alla chiesa plebana e terragna, quasi in verticale, Pio II, in una straordinaria continuità di sacro, edificò la città che porta il suo nome, Pienza, e vi innalzò la sua cattedrale, bianca di travertino, luminosa, paradisiaca. Ma quaggiù, per così dire, si percepisce ancora il contatto fra la salvezza del corpo e quella dell’anima, una salvezza che sembra condensarsi nella doppia coda delle sirene e nell’acqua che sgorga vicina. La chiesa plebana affiora dalla campagna, carica delle simbologie ancora pagane: mostri paurosi e strani, ma concreti nella loro realtà, scolpiti nel tufo per tenere lontani altri demoni, come quelli del peccato. Qui, la vita reale – rimasta intatta nei secoli e fatta di solennità e di incontri – sembra l’immagine della vita spirituale, non il contrario. Fra le sirene e i serpenti, però, un’immagine, fra tutte, rimane nella memoria: la figura di donna che costituisce la colonna della bifora del campanile rotondo. «In essa – ricorda Marco Capitoni – noi che abitiamo qui da generazioni rivediamo la potenza fecondatrice e generatrice non solo delle antiche matres, ma anche la forza e l’orgoglio delle nostre massaie. La pieve, così ancora si ricorda in famiglia, ha scandito il nostro tempo e la nostra vita con i momenti della preghiera o dell’incontro con gli altri; l’acqua della fonte ha continuato a lungo ad essere il segno tangibile della festa e della pulizia, non solo simbolica o morale, e anche il riposo dalle fatiche della vigna». All’ombra di questa longeva e intatta sacralità, infine, si cela una vicenda battesimale dietro a cui traspare la simbologia della vite e del vino. E non sarà certo un caso che nel tufo della pieve sia stata istoriata la vicenda di Melampo, che introdusse per primo in Grecia il culto di Dioniso.